Un’altra mandria erano.
Giovanissimi, e quasi tutti incapaci di formulare sintassi corrette, di esprimersi variando il lessico.
I loro “post”, così li chiamavano, erano più o meno tutti uguali: pieni di errori, scorrettezze grammaticali, ridondanze nei concetti e nell’uso delle parole.
Veloci, sì, lo erano. Velocissimi anzi, con i loro mini cellulari, privi di tastiera, sostituita dal touch screen. I software interni che comprendevano correttori, con parole pre-impostate e brevi frasi; scrivevano veloci, bastava loro inserire una parola, e già si vedevano completare un periodo.
Erano Ben diversi dai dispositivi che avevamo noi, alla loro età. Piccoli, con tutti quei tasti che per scrivere un messaggio ci volevano almeno 5 minuti, privi di internet, e con lo schermo che si illuminava e sul quale appariva una grossa busta, quando arrivava la risposta. E poi sono arrivati i modelli grandi, con il touch screen, internet a portata di mano e infine sono arrivate loro: le chat online.
Ed è stato lì che la scrittura ha perso la sua autorevolezza, la linea dei concetti si è fatta sempre meno chiara, fino a vanificarsi nel nulla.
Le idee nascevano poco sul foglio elettronico.
Finiva la sua epoca; com’era finita quella della carta.
Iniziava la nuova era, quella dove l’espressione di una pensiero non aveva più importanza, purché ci fosse qualcosa da dire. Dove l’egemonia del linguaggio parlato aveva fagocitato qualunque altro modo di esprimersi.
Dove tutto appariva confuso e disordinato ma andava bene così, perché nessuno se la sentiva di scagliare la prima pietra. Le eccezioni erano talmente poche, che rischiavano di essere fraintese con la loro cura per i vocaboli, la ricerca delle parole e la venerazione per la grammatica. Per noi erano quasi eroi, un gruppo esiguo di giovani, che non si perdeva, che si ribellava e, come nel testo di Fahrenheit 451, erano uno zoccolo duro che lottava per mantenere viva quella che era stata la nostra lingua.
Una lingua che aveva certamente subito delle evoluzioni nel corso dei decenni, l’influsso delle lingue straniere, e il melting pot culturale, ma questo aveva rafforzato la potenza espressiva delle parole, aveva reso la dialettica più forbita, più variegata e più vera.
Il cambiamento, però, bisogna chiarirlo, non era colpa del web, come molti avevano creduto nei primi tempi.
Era frutto di un’incapacità generalizzata di gestire i cambiamenti, la mancanza della didattica, il disinteresse generale nella comunicazione. Eravamo nell’era dell’immagine, l’immagine artefatta, fittizia, pacchiana, eppure estremamente ingenua: dove non c’era traccia d’arte, di gusto; e i piani di lettura venivano azzerati, in nome dell’immediatezza. Dove tutto era banale e monotono. Dove tutto era così scontato, così triste.
In mezzo a tutto questo, c’eravamo noi. Noi che venivamo da un passato di studio, dove la laurea non te la tiravano dietro, e non c’erano percorsi agevolati per i lavoratori. Se lavoravi sapevi che il tuo destino era andare fuori corso. Eppure ai tempi, tutto sembrava più sereno, nessuno, allora, era in grado di prevedere il cambiamento, nessuno poteva sospettare che la scrittura sarebbe cambiata così tanto e che il discorso era generale.
Era nato una altro linguaggio, e aveva vinto. Aveva azzerato le barriere della personalizzazione, parlavano tutti allo stesso modo, scrivevano tutti allo stesso modo, e questo aveva cambiato per sempre il modo di rapportarsi della pubblicità e alla promozione. Ovvio, la lingua si evolve, ma io non ho parlato di lingua, ma di linguaggio. La lingua non c’era più.
A volte mi fermavo a pensare, ricordavo come negli anni in cui io avevo iniziato a scrivere, i testi pubblicitari erano mirati ad un target; pensati per dare la sensazione al lettore (cliente potenziale) che si riferissero proprio a lui, ci sforzavamo incredibilmente per renderli adatti ad ogni situazione. Cercavamo le reason why, così le chiamavamo, che avrebbero attirato il cliente verso il testo e lo avrebbero indotto a finirne la lettura.
Tutto questo mi sembrava lontanissimo, era stato parte della storia, e aveva inciso profondamente nella società del nostro tempo, una società che era stata retaggio della precedente, di quella chiamata dei consumi, che si trascinava a presso tanti difetti e tante leggerezze. Una società che io avevo odiato e criticato, la stessa di cui mi ero sentita parte, e con la quale mi ero sentita in contrasto.
E adesso, mi mancava tantissimo. Era strano.
Nonostante il linguaggio corrente fosse cambiato, c’era qualcosa di noi che attraeva incredibilmente chi sfruttava la comunicazione per raggiungere un target. Tuttavia, nessuno credeva che sarebbe durato ancora a lungo.
Eravamo destinati ad estinguerci. Avevamo compiuto il nostro percorso, il mondo era dei giovani, delle nuove mandrie, e loro seguivano quella che era un’evoluzione naturale.
Noi l’avevamo preparata, e non bisognava sentirsi in colpa, non serviva; bisognava solamente prenderne atto!
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